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Furti d’autore, capolavori nel mirino

Le opere d’arte sono da sempre uno dei bersagli privilegiati della criminalità. E le dimensioni di questo fenomeno sono ben maggiori di quanto il pubblico normalmente non creda. Particolarmente esposta l’Italia, particolarmente ricca in questo settore.

Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un ripetuto interesse dei criminali nei confronti di oggetti artistici, nonostante le numerose iniziative internazionali volte a contrastare questa attività criminale.
Gli oggetti più rubati sono i reperti archeologici, statue, quadri e oggetti di arredamento.
L’Italia ha il più ricco patrimonio artistico del mondo e nella nostra nazione i criminali che si dedicano a questa professione sono particolarmente numerosi ed hanno ormai acquisito un’esperienza particolare.
I “criminali dell’arte” possono agire con motivazioni differenti in circostanze molto diverse, anche se spesso vi è un interesse finanziario, che deriva dal furto e dalla richiesta di riscatto; altri invece possono avere motivi di altra natura, come ad esempio motivi politici o religiosi.
In Germania, si è assistito al furto di oggetti legati al periodo nazista, con il preciso obiettivo di distruggerli, per cancellare questa fase del percorso storico della Germania.
In alcune parti del mondo vengono distrutte delle opere di natura religiosa, per disprezzo contro questa religione, che è rappresentata da questi oggetti.

L’analisi dell’attività criminosa
La forma più comune di attività criminosa è legata al furto con scasso, all’interno di abitazioni private, dalle quali viene asportato tutto ciò che è portatile e vendibile.
Ovviamente gli oggetti preziosi ed i gioielli rappresentano un bottino particolarmente attraente, per le piccole dimensioni ed il grande valore. I gioielli inoltre possono essere smontati e resi irriconoscibili, il che non sempre è possibile per le opere d’arte.
Per aiutare coloro che operano nella lotta contro questa tipologia di crimine, sono stati creati degli archivi internazionali, dove possono essere registrati oggetti rubati, scomparsi o contestati.
Questi archivi non sono però accessibili ai cittadini, i quali potrebbero archiviare i dati relativi ad oggetti non ancora rubati, ma che si vogliono tutelare. Un oggetto che è stato adeguatamente documentato e registrato in archivi internazionali trova un mercato più limitato.
Il furto di un’opera d’arte, con l’obiettivo di chiedere un riscatto agli assicuratori oppure venderlo sul mercato nero, rappresenta la forma più diffusa di atto criminoso.
Secondo le valutazioni dell’Interpool, il furto di opere d’arte rappresenta il quarto settore più grande al mondo di attività criminosa, dopo:
• il traffico di droga
• il riciclaggio di denaro sporco
• la vendita illegale di armi.

Il valore di questa attività criminosa viene valutato attorno ai 6 miliardi di dollari l’anno e il profitto della criminalità specializzata viene spesso reinvestito in altre attività criminose, come ad esempio il traffico di droga.
Un’opera d’arte rubata può essere scambiata con denaro contante, che viene successivamente riciclato.

Cosa pensano le persone
Un elemento contro il quale devono operare gli investigatori riguarda proprio la percezione che hanno gli individui sul furto di opere d’arte.
Alcune persone ritengono che il furto di opere d’arte sia sì un’attività criminosa, ma di tipo innocente e non violenta, perpetrato uomini che operano più per il salvataggio di queste opere e per goderne appieno, piuttosto che per svolgere una attività criminosa.
In realtà, da più di cinquant’anni il furto di opere dati è un’attività criminosa a tutto titolo, e spesso inquadrata in un’attività di crimine organizzato.
Questa errata percezione delle persone porta ad una minore attenzione anche da parte delle forze dell’ordine e di conseguenza si ha una riduzione delle opere d’arte recuperate.
Il vero problema riguarda la Pubblica Amministrazione che ad eccezione dell’Italia, non prende sul serio questo crimine e non assegna adeguate risorse al suo contrasto.
Spesso mancano addirittura dati statistici che evidenziano la dimensione del fenomeno; la mancanza di questi dati porta a sottovalutare il fenomeno e rendere quindi non urgente l’attribuzione di risorse per contrastarlo.
Sempre nell’ottica di una percezione errata, da parte delle persone, si ritiene che in genere i quadri siano gli oggetti più frequentemente rubati, mentre essi rappresentano solo una piccola percentuale delle opere d’arte rubate.

Dall’arte rubata a quella contraffatta
La contraffazione di un’opera d’arte rappresenta un’attività criminosa maggiore, rispetto alle opere rubate.
L’ambiente è saturo di opere d’arte contraffatte, che vengono messe in commercio e addirittura esposte in musei, quando le verifiche sull’autenticità dell’opera passano in secondo piano, rispetto al prestigio dell’istituzione che riesce a “mettere in vetrina” questa specifica opera.
Per gli investigatori specializzati, il crimine legato alla contraffazione potrebbe essere tenuto sotto controllo se si creasse un archivio non solo delle opere contraffatte, ma anche dei contraffattori.
Coloro che sono in grado di imitare una opera d’arte non sono poi così numerosi e tendono a riprendere la loro attività criminosa, in modo tale da rendere più facile la loro accurata identificazione.

La dimensione internazionale del crimine
Il furto di opere d’arte ha assunto una dimensione internazionale, soprattutto da quando il crimine organizzato ha preso le redini della situazione. Oggi esistono i tombaroli, che scoprono i reperti archeologici, ed esiste una perfetta organizzazione, in grado di trasferire all’estero l’oggetto e di collocalo sul mercato più attraente.
La prova di questo evento è stata data da un’azione combinata delle Forze dell’ordine italiane e dell’FBI, che alla fine di ottobre 2009 hanno identificato una organizzazione di contrabbandieri, che provvedeva a recuperare opere d’arte in Italia, le trasportava in un altro paese europeo e da lì le opere d’arte venivano portate negli Stati Uniti.
Per nascondere ulteriormente l’origine di queste opere, spesso la criminalità organizzata le vendeva a gallerie d’arte minori, in varie parti negli Stati Uniti, in modo da spostarle da una galleria all’altra nell’arco di un paio d’anni e finalmente proporle ad un grande museo, disposto a pagare delle cifre appropriate.
Nella fattispecie, gli investigatori hanno individuato questa organizzazione di contrabbandieri che aveva trasferito le opere d’arte, probabilmente prelevate in Puglia, in un altro paese europeo e da lì le aveva trasferite negli Stati Uniti.
Una delle gallerie d’arte coinvolte in questo traffico era stata già più volte denunciata per attività similari, alle quali però in rappresentanti delle Forze dell’ordine non avevano prestato particolare attenzione. 

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