Se i ladri sono talmente scaltri da superare tutti i sistemi di allarme di una banca, allora in caso di furto, i clienti non possono pretendere un risarcimento dall’ istituto bancario per il maltolto, ma solo un piccolo rimborso. Almeno così è successo a una famiglia romana, che si è vista respingere dalla Cassazione la richiesta di risarcimento danni per il contenuto della cassetta di sicurezza depositata in un istituto di credito e poi rubata. Il furto risale al 1989. Con un’ operazione degna di Arsenio Lupin, i ladri erano riusciti a superare gli efficienti sistemi di sicurezza: porte blindate con allarmi collegati alla Questura, un caveau con tripla chiave e combinazione, controllo tv, servizio continuo di vigilanza. Con stupore la banca capitolina aveva avuto difficoltà a spiegare il furto, per questo i coniugi R. avevano portato in giudizio l’ istituto chiedendo il risarcimento per 36 milioni delle vecchie lire. Il Tribunale civile aveva accolto la domanda ma la Corte d’ Appello, riconoscendo non una «colpa grave» ma una «colpa lieve» della banca, aveva disposto un risarcimento di un milione di lire come «limite del massimale contrattuale» previsto in questi casi. Secondo i giudici di merito, infatti, il furto non era stato causato da particolari negligenze della banca ma da «elevate capacità delinquenziali» dei ladri. Così è stato anche per la prima sezione civile della Cassazione, che ritenendo che l’ istituto avesse dimostrato di aver usato tutti i sistemi antifurto conosciuti all’ epoca ha respinto il ricorso condannando la famiglia anche al pagamento delle spese processuali di 1.700 euro.